21 marzo 2013

CHOCK:MAESTRE D'ASILO CHE PICCHIANO I BIMBI

Genitori in procura per vedere le immagini delle violenza. L'udienza di convalida, il giudice si riserva di decidere

 

 Un bambino colpito con schiaffi sulla testa, una bambina tirata dai capelli e costretta a ingurgitare la pappa e poi picchia­ta con un giocattolo (un camioncino dei pompieri). E ancora: un bimbo pian­ge seduto su una sedia, la maestra lo pren­de per il polso, lo solleva da terra e lo pic­chia. È la violenza in presa diretta, con le se­quenze registrate dalle telecamere nascoste prima del blitz della squadra mobile all’asilo nido «Cip Ciop» di Pistoia. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Pistoia, Buzzevoli, al termine dell’udienza di convalida dell’arresto di Anna Laura Scuderi e Elena Pesce, nel carcere di Sollicciano, si è riservato ogni decisione. Secondo quanto appreso, il pubblico ministero ha chiesto la custodia cautelare in carcere per entrambe le indagate.

GLI AVVOCATI DELLA DIFESA - Anna Laura Scuderi «ha risposto alle domande del gip. Sulle sue parole davanti al video non posso dire nulla». Lo ha detto l’avvocato Stefano Panconi al termine dell’udienza di convalida tenuta nel carcere di Sollicciano dove Scuderi e la sua collaboratrice Elena Pesce si trovano da tre giorni con l’accusa di maltrattamenti su fanciulli. L’avvocato della Pesce, Giacomo Dini, ha invece stigmatizzato la diffusione dei video registrati dalla polizia all’interno dell’asilo Cip e Ciop. «È stato un atto censurabile. Ma posso dire che da quelle immagini non ho davvero l’impressione di trovarmi davanti a un asilo-lager come è stato scritto».


DETENUTE NELLA STESSA CELLA, GUARDATE A VISTA - Le due donne sono insieme, in una cella per due persone, sono in isolamento e vengono guardate a vista per evitare ritorsioni all’interno del carcere da parte di altre detenute. Il tipo di reato contestato, infatti, e la diffusione in tv del video che ritrae la Scuderi mentre afferra per i capelli una bambina e la ingozza col cibo, potrebbe generare problemi con le altre detenute.


LE IMMAGINI - Dopo la sorpresa per l’arresto delle due in­segnanti, ieri è stato il giorno della rabbia e delle lacrime. Sono pugni allo stomaco quel­le immagini che i magistrati fanno vedere ai genitori dei piccoli. È furioso Manuel, 21 an­ni, si dispera Sara, 20 anni appena e il viso di una bambina. Il piccolo Cristian, dieci mesi, dorme in braccio alla mamma senza sapere di essere uno dei protagonisti del film da in­cubo che sta andando in onda a Pistoia. «O fanno giustizia o ce la facciamo da soli», gri­da Manuel mentre esce dal­la procura. 


«Hanno preso mio figlio a schiaffi sulla te­sta perché non voleva man­giare. L’hanno sollevato di peso per picchiarlo. Vi ren­dete conto cosa hanno fat­to a quel bambino che amo più della mia stessa vita? Sono immagini schifose, non avrei mai immaginato che una cosa simile potesse avvenire nella mia città». Manuel e Sa­ra sono due operai.


 «Per mandare il bambi­no in quella scuola abbiamo fatto sacrifici, spendendo 250 euro al mese». E adesso si sentono in colpa per non aver capito prima quei piccoli segnali: «Da un po’ di tempo a questa parte è cambiato — raccontano — spesso si prende a schiaffi da solo e non dor­me più come prima, si sveglia agitato». Il video è un pugno allo stomaco che di­venta lacrime e rabbia anche per Angela e Da­niele, altra coppia di operai trentenni.


«NON ERA UN ASILO, ERA UN LAGER» - «Quel­lo non era un asilo, era un lager», singhiozza senza freni Angela. Il filmato nitido restitui­sce le immagini di sua figlia Alice di 14 mesi mentre viene afferrata per i capelli con una tale violenza che il seggiolone si solleva. Con la testa reclinata all’indietro la direttrice del­la scuola Laura Scuderi la ingozza di cibo pre­mendo poi il bavaglino sul viso per non farla sputare. «Quella donna è una bestia — ripe­te come una litania — e alle mamme che pensano che la polizia abbia fatto un errore dico che prima di parlare devono guardare le immagini. Quella è violenza pura, altro che scossoni o scappellotti». I bambini, rac­conta, venivano costretti a pranzare alle die­ci del mattino. Se la piccola si ribellava era­no schiaffi. E nel resto della giornata nè ci­bo, nè acqua. «Solo adesso riesco a spiegar­mi perché mia figlia è terrorizzata tutte le volte che vede un cucchiaino e provo a darle da mangiare». 


Quando la bambina arrivava a casa era affamata e assetata ma «come potevo immagina­re tutto questo?». Adesso a quelle due donne augura tutto il ma­le del mondo, «tutto quel­lo che hanno fatto patire ai piccoli che non poteva­no difendersi». Alice fre­quentava quella scuola dal costo di 300 eu­ro al mese, da meno di un anno. Di giochi e altre attività, nell’asilo che ha solo il nome a misura di bambino, nessuna traccia. «Si vede benissimo dai filmati — racconta Angela — I bambini venivano la­sciati inermi, abbandonati a loro stessi o terrorizzati». Adesso i genitori di Alice chie­deranno al Comune di farsi carico del soste­gno psicologico di cui la bambina, ma an­che loro, avranno bisogno per uscire da questo inferno. 


IL RACCONTO DEL PADRE CHE HA SPORTO DENUNCIA - Un padre, rappresentante delle forze dell’ordi­ne, e una madre che lavora nell’am­bito della sanità, sono stati i primi a farsi delle domande di fronte al fi­glio che, dopo l’ingresso al nido, si era come trasformato. Il piccolo, che oggi ha 4 anni, fino alla scorsa estate era un alunno di quella scuo­la. Era arrivato a soli sei mesi, è ri­masto lì fino a settembre, quando ha fatto il salto nella scuola dei più grandi, la materna. «Qualcuno — raccon­ta oggi il padre — mi ha anche detto che ero pazzo a mandare mio figlio lì, con tutto quel­lo che si diceva in gi­ro. Ma io non volevo credere a quelle che mi sembravano solo voci infondate». Dopo il primo anno però qualcosa è cam­biato. «Il bambino non era più lo stesso», racconta la madre. «Che qualcosa non andasse per il verso giusto ce ne siamo accorti do­po. A sei mesi il bambino è troppo piccolo per parlare ma a un anno e mezzo riesce a farsi capire meglio».



 Il suo disagio si esprime con la rab­bia e la paura: «Non ne voleva sape­re di andare in quella scuola e quan­do si trovava di fronte soprattutto al­cune insegnanti era ancora più ner­voso del solito, come impaurito». La maestra Laura, dice ora il padre, aveva un atteggiamento sempre un po’ aggressivo verso i piccoli «ma pensavo si trattasse solo di un fatto caratteriale, non ho mai pensato ci potesse essere qualcosa di più». Il piccolo diventa sempre più ira­scibile. «Quando tornava a casa era aggressivo — continua la madre — sembrava avere pochissimi stimoli e io avevo la netta impressione che da quando andava a scuola avesse fatto più passi indietro che avanti». Per qualche tempo la madre si è po­sta il problema che quell’atteggia­mento dipendesse dal fatto che il piccolo non frequentasse assidua­mente la scuola. «Utilizzavo il nido più che altro come un baby parking. Lo portavo a giorni alterni e non sempre rimaneva a pranzo. Avevo anche chiesto alle insegnanti se ci fossero problemi ma loro hanno sempre negato». 


 VOCI SEMPRE PIU' INSISTENTI - Qualcuno racconta anche che in quell’asilo era vietato giocare, che i bambini non potevano avvicinarsi ai giochi perché altrimenti li sporca­vano. Voci certo, ma sempre più insi­stenti. Come quelle che raccontano di maltrattamenti. Una madre che va a prendere il figlio e lo trova da solo, tutto sporco in un angolo del giardi­no. Nessuno le ha saputo spiegare perché fosse lì, ha detto alla polizia. E poi il bambino con la spalla lussa­ta, quello che torna a casa con i livi­di. «Certe notizie facevano in un atti­mo il giro della città, Pistoia è picco­la ». Le risposte delle maestre erano sempre le stesse: si sono fatti male giocando, si sa i bambini.... Una, due, troppe volte. Quando un medi­co al pronto soccorso dice che una lussazione può essere stata provoca­ta solo da un adulto, non da un bam­bino, i dubbi diventano sospetti. Troppi gli indizi e tutti nella stessa direzione. Il tarlo comincia a rodere la mente di quel genitore che vede il figlio chiudersi sempre più in se stesso. Al­la fine di agosto l’uomo fa una prima segnalazione alla questura. 


RICOSTRUIRE IL PUZZLE - La sezio­ne minori della squadra mobile ini­zia a mettere insieme i puzzle di que­sta terribile storia. Gli investigatori iniziano a cercare i genitori dei bam­bini, soprattutto quelli che avevano abbandonato la scuola. Ci sono an­che quattro ex insegnanti tra i testi­moni che puntano il dito contro la ti­tolare della scuola. Sono loro a rac­contare di aver abbandonato il cam­po perché in disaccordo con i meto­di educativi. Si va a ritroso nel tem­po. Alcuni genitori raccontano di bambini che smettono di mangiare e dormire. Bambini che troppe volte tornano a casa con arrossamenti e lividi. Qualcuno tor­na a casa e racconta che «la maestra ha pic­chiato un bambino» o che la maestra li ha la­sciati al buio. Non è stato facile ca­pire che c’era qualcosa di più dietro quei ca­pricci per non andare a scuola, spiega il pa­dre che ha denuncia­to. Con i bambini un insetto si può trasformare in un gi­gante. Ma nessuno poteva neppure lontanamente immaginare quel film dell’orrore. Dieci giorni fa la procura fa piazzare le telecamere, solo video, nessuna voce. Per questo tipo di rea­to non sono consentite le intercetta­zioni. Le maestre non sanno che fini­scono «in diretta» negli uffici della squadra mobile con le violenze e i to­ni bruschi che fanno a pugni con i sorrisi e i pianti dei bambini. I genitori che hanno fatto la prima segnalazione adesso si sentono solle­vati, anche se il loro piccolo è ormai lontano. «Speriamo che queste cose non accadano più — dicono adesso — speriamo che la nostra denuncia serva ad aiutare altri». Per gli altri ge­nitori solo pochi consigli: «Controlla­te sempre i bambini, parlate con lo­ro, anche se sono piccoli. E quando li affidate a qualcuno ogni tanto non di­menticate un blitz a sorpresa».

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